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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2012
Anno edizione: 1980
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Un capolavoro di Joyce (non mi sono ancora avvicinata all'altra sua opera grandiosa, "Ulisse", e non riesco a fare paragoni in termini di gusto personale) che non mi lasciò indifferente al liceo quando ne studiai vari frammenti, e tuttora mi suscita forti emozioni e riflessioni. Ogni racconto introspeziona un aspetto diverso della vita degli uomini, ognuno spalmato e calato per bene all'interno di un variegato ventaglio di esistenze a Dublino. Direi che il file rouge che connette ogni storia è la generalizzata sensazione di impotenza e isolamento che sperimentano i personaggi, immobilizzati in una sorta di paralisi morale e sociale, e anche il forte realismo che verga l'opera e che le dona un'intensità evidente e portatrice di rivelazioni interiori e umane.
Opera composta da quindici racconti tutti ambientati in una Dublino del secolo scorso e lontana dalla modernità ma in fondo una "Dublino" metafora della povertà, interiore e materiale, moderna. Ogni racconto rappresenta una istantanea sulla condizione dell'uomo con le sue miserie, le sue sofferenze, la sua emarginazione, caratterizzati da una disarmante apatia che li rende incapaci di ribaltare il proprio destino, vuote marionette della realtà, mentre irrompe dalle pagine del testo il tanfo di alcool e impotenza. La quotidianità della gente è servita al lettore. Nonostante possa apparire come un testo poco originale e interessante, letto con attenzione può allietare anche il lettore più esigente. Consigliato.
Ho incontrato questo libro alle superiori e non lo avevo apprezzato, l'ho voluto rileggere di recente... e di nuovo non mi ha convinto. Dei quindici racconti che lo compongono me ne sono piaciuti tre o quattro al massimo, gli altri li ho trovati banali e privi di interesse. Riconosco però che alcuni passaggi dedicati alla città di Dublino riescono ad emozionare, ma si tratta di poche frasi in un libro di oltre 200 pagine.
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