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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
Anno edizione: 1996
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Bellissima raccolta di brevi storie che raccontano la "sicilianità". Lo consiglio a tutti i siciliani.
I due rapporti interno mare e come insignificante travolgere tra luogo.
Se è vero (e personalmente ne sono da sempre convinto) che il talento di uno scrittore si veda anche e soprattutto da come sa destreggiarsi con le forme brevi, allora questo libretto, non conosciuto quanto meriterebbe, è una della più eloquenti prove della grandezza letteraria di Sciascia. Vi si raccolgono tredici scritti nati tra il 1959 e il 1972, il cui carattere svaria dalla tranche de vie alla ricognizione storica e al divertissement erudito, e dove ai carismi del narratore si abbinano quelli dell’elzevirista e del polemista. Fra i testi più specificamente narrativi, quello che dà il titolo al volume è il più lungo ma nel contempo anche il più lineare nell’intreccio e il più ricco di umana immediatezza. Si tratta della cronaca di un viaggio ferroviario da Roma a Gela, che per il protagonista, un ingegnere settentrionale, sembrerebbe iniziato sotto il peggiore degli auspici, in uno scompartimento stipato di adulti loquaci e bambini pestiferi: e invece si rivelerà un’esperienza intensa e piacevole, al punto da fargli forse scoprire l’amore. E in parallelo l’intonazione del racconto, dapprima ironica e distaccata, si fa sempre più partecipe e pervasa di un affettuoso senso di adesione alla vita: “non si può aver fede nella tecnica senza aver fede nella vita: non si può andare in orbita intorno alla terra se non per il fatto che ci sono bambini che hanno quattro anni, bambini che nascono, bambini che nasceranno. Ma la nostra società comincia a vedere i bambini come problema, come già negli Stati Uniti, con tutto lo studio di pedagogia e di medicina che si svolge sul problema della loro libertà. Il punto è questo. I bambini non sono un problema. Una società che se li pone come problema li distacca da sé, provoca una soluzione di continuità”.
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