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Anno edizione: 2012
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un cubo di Rubik: così lo descrive la stessa autrice nei ringraziamenti e devo dire che mai descrizione fu più azzeccata. Ho letto tanti altri libri della Harris e devo dire che mi sono trovata in estrema difficoltà nel continuare la lettura di questo romanzo che dovrebbe essere un thriller ma che sembra più una confusa accozzaglia di idee che potevano essere buone ma che su carta sono diventate troppo confuse. Poteva essere un thriller psicologico di tutto rispetto: c'erano il rapporto morboso tra madre e figlio, i rapporti fraterni non ottimi, la mancanza della figura paterna, una sorta di primo amore idilliaco e la tematica moderna dei social con cui spesso i giovani si perdono sentendosi dei leoni da tastiera o semplicemente si mettono a nudo rivelando ogni loro verità o bugia. Purtroppo l'ho trovato di difficile comprensione, troppo confusionario e anche quando la storia sembrava finalmente aver preso una sorta di giusta piega, si ripiomba nel cubo iniziale per perdersi nuovamente. Peccato
Questo libro mi è stato consigliato per delle affinità che qualcuno aveva intuito tra il mio modo di "sentire la scrittura" e "Il ragazzo con gli occhi blu". Posso dire con grande serenità che non leggerò mai più nient'altro della scrittrice di Chocolat, Joanne Harris. Libro irritante e farraginoso con la pretesa di costruire una storia basata sul labile confine tra realtà e finzione. A tal fine pensare a un libro come una serie di post su un blog per "confondere le acque" e aggiungerci personaggi che "soffrono di sinestesia" risulta insufficiente per costruire il "thriller" che magari aveva immaginato la scrittrice.
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