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Anno edizione: 2017
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Sabbie bianche non è un romanzo, né un reportage, non è una raccolta di racconti e nemmeno un diario di viaggio: è tutte queste cose e si ostina a non esserne nessuna; è lo «spazio vuoto sulla cartina» del suo autore. È, soprattutto, la conferma dell'incredibile dono di Geoff Dyer di mescere arte e vita, immagini del reale e fantasmi dell'immaginazione.
Ci sono, nel mondo, città, fiumi, vulcani, deserti che pulsano di un'energia arcana, di un magnetismo misterioso che attrae gli sguardi e i passi, i sogni e i desideri. Ci sono regge, strade, foreste che risuonano di parole: le parole di Goethe quando scorge per la prima volta il mare a Venezia, le parole di Kerouac mentre disegna il profilo dell'America con le ruote di una Cadillac, le parole di Joyce per smarrirsi e ritrovarsi a Dublino, le parole di Hemingway per inseguire il sole da Parigi a Pamplona. Parole che guidano, parole cicerone, calamite, fari: parole che ci fanno vedere il mondo come altrimenti non potremmo mai fare. A queste parole si aggiungono oggi quelle di Geoff Dyer, stralunato viaggiatore, favoleggiatore babelico, flâneur della letteratura, incantatore della sabbia, che sa animare per plasmarla in forme sempre nuove, un ammaliamento che non conosce fine: sabbia bianca dei deserti americani, sabbia bianca fra le strade della Città Proibita, sabbia bianca di neve sotto il cielo di una notte alle Svalbard, sabbia bianca in riva al mare di Tahiti, sabbia sospesa nel vento, sabbia che scorre dalle dita chiuse a pugno, sabbia in perpetuo, inarrestabile movimento. Come Geoff Dyer, come noi. Sabbie bianche non è un romanzo, né un reportage, non è una raccolta di racconti e nemmeno un diario di viaggio: è tutte queste cose e si ostina a non esserne nessuna; è lo «spazio vuoto sulla cartina» del suo autore. È, soprattutto, la conferma dell'incredibile dono di Geoff Dyer di mescere arte e vita, immagini del reale e fantasmi dell'immaginazione: geodeta della parola, Dyer deposita nel deserto abbacinante della pagina i semi di un'affabulazione inesauribile, come inesauribile è la sua e nostra tensione, umana troppo umana, a trovare un posto nel mondo, un senso, un amore. Alla perenne ricerca di qualcosa, ci smarriamo allora fra dune di sabbia, destinati a non giungere mai all'oasi cui aneliamo. Ma non importa, suggerisce Geoff Dyer, la vita è questo, quello che succede quando non troviamo ciò che cerchiamo.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L’assenza di confini di genere rende la lettura stimolante. Se inizialmente si pensa a un diario di viaggio, col procedere dei capitoli la dimensione più rilevante viene a essere il tempo: quello dei diversi momenti del giorno attraverso cui il visitatore fa esperienza di un’installazione di land art, quello che si deposita sui luoghi cancellando le tracce della funzione originale per trasformarli in enigmi alla riscoperta, quello che in un blocco statuario tiene uniti l’eternità e l’istante di un falso movimento legato all’angolazione dello sguardo. O ancora quello della singola esistenza che si crede illimitato e si scontra con la malattia, con la riduzione del campo visivo. I luoghi fisici possono risultare deludenti, da una Polinesia ormai priva della meraviglia di Gauguin alle isole Svalbard vissute come un inferno gelido e buio. Eppure si deve andare, si cercano posti nuovi perché desiderio e curiosità sono vitali e le esperienze sul cammino o a lato danno senso più della meta. Dyer è autore colto ed eclettico, passa dal diario alla fiction senza strappi, osserva e riflette, sia che guardi il paesaggio sia che si produca nell’analisi minuziosa di fotografie.
Recensioni
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