La malora - Beppe Fenoglio - copertina
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Letteratura: Italia
La malora
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Descrizione

Una storia elementare di fatica e di silenzi, di dolore e di violenza.


«Un romanzo storico per risalire a un tempo (apparentemente) senza storia. Una tranche de vie naturalista... Una parabola sulla perdita, sul rimpianto e sulla perseveranza, che non si lascia richiudere in nessuna verità confessionale. La malora è tutto questo e molto altro ancora» (Gabriele Pedullà). Pubblicato per la prima volta nel 1954 nella collana dei «Gettoni», due anni dopo I ventitre giorni della città di Alba, La malora racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Una storia elementare di fatica e di silenzi, di dolore e di violenza che ci riporta al dramma della miseria contadina delle Langhe e che trova il suo linguaggio nello stile scarno e partecipe di Fenoglio, lo stesso stile antiretorico e «barbarico» che procurò allo scrittore l'accusa di aver tradito i valori della Resistenza. Proprio questa asprezza e la continua invenzione linguistica fanno di Fenoglio uno dei massimi scrittori italiani del Novecento. Con La strada e i paracarri di Paolo Di Paolo, una nota bibliografica e la cronologia della vita e delle opere. Introduzione di Gabriele Pedullà.

Dettagli

1 novembre 2022
168 p., Brossura
9788806253615

Valutazioni e recensioni

  •  chiara
    il più sottovalutato di Fenoglio

    una narrazione reale, aspra, asciutta che solo Fenoglio era in grado di fare

  •  Manu

    Fenoglio lo conoscevo esclusivamente come il cantore della Resistenza, poi mi è stato regalato questo libro. È un libro profondamente verghiano, dove la vita è amara e la lotta per la sopravvivenza si conclude sempre con una misera sconfitta. Il libro, scritto prevalentemente in piemontese, narra le tristi vicende di una famiglia contadina delle langhe e vede come protagonista, e voce narrante, il figlio di mezzo. La scala gerarchica è composta da sfruttati e sfruttatori a loro volta sottomessi dai padroni. I mezzadri provano a migliorare la propria condizione facendo vivere nel sacrificio famiglia e servitori, ma tutto va in malora (ed ecco spiegato il titolo). Il protagonista ad un certo punto del racconto compie un'analisi marxiana su lavoro e proprietà, una critica lucida dettata dalla fame e dallo sconforto. In diversi passaggi viene descritto anche il seminario, dove i preti si comportano come i padroni, con l'aggravante che i bottoni neri si fan pagare. Poi le brutture dell'epoca: la violenza casalinga, le donne relegate a oggetto di scambio e servitrici del padrone (anche quando il padrone è il marito). Fenoglio è un ottimo narratore e fa vivere al lettore la miseria di quella gente fin quasi a sentire il puzzo di sudore e sterco: la puzza di zolfo dopo una giornata a vangare la terra. Il libro non è solo un lungo racconto degli ultimi, ma è anche uno scorcio sulla vita di quei tempi, fatta di piccole dipendenze quotidiane: il vino, le carte e il fernet. È un libro angosciante, che mette addosso un profondo senso di nausea e schifo. È senza dubbio un romanzo storico che ci ricorda quanto siamo fortunati noi che siamo venuti dopo, ma era fortunato anche il suo autore quando lo scrisse all'inizio della ricostruzione dell'Italia.

  • Enrico Caramuscio

    Sulle langhe piemontesi la vita dei contadini non è per niente facile. La durezza della terra dà ai padroni la scusa per trattare male i servitori e il fieno, a tagliarlo quando il sole viene alto, ti domanda cinicamente quanti anni hai. Mesi e mesi di lavoro logorante per raccogliere meno del minimo necessario per vivere, schiene spezzate e fianchi dolenti per poter mangiare un boccone di polenta, anni di fatica e privazioni all'inseguimento di un sogno di riscatto dalla servitù, dalla mezzadria, dalla fame, dalla miseria morale e materiale che sembra sempre più difficile da realizzare. In questo contesto si svolge la vita del giovane Agostino Braida che per far fronte al decadimento economico della sua famiglia viene mandato dal padre a fare da servitore al mezzadro Tobia Rabino. L'allontanamento da casa e dagli affetti familiari sarà per lui altrettanto difficile dei tre anni di fame e sudore che lo attendono al servizio di un padrone cinico e avido che sfrutta fino allo stremo delle forze il ragazzo ma anche i suoi stessi figli, la moglie e perfino se stesso, senza lesinare quanto a bestemmie, improperi, minacce e cinghiate. Agostino proverà anche cosa significano le pene d'amore, ma la sua forza e l'idea di riuscire un giorno a tornare a casa a coltivare una terra tutta sua lo aiuteranno a resistere e a sopportare la "malora" che lo perseguita. La ferocia e l'inesorabilità della trama trovano riflesso in una prosa cinica, brutale, vernacolare, che rende bene l'idea della sofferenza del protagonista e dei suoi conterranei e della massacrante lotta dell'uomo contro i capricci del proprio destino. Quella che ci racconta Fenoglio è una storia cruda e drammatica, ma soprattutto una storia realistica, che rispecchia in pieno quello che era lo stato dei contadini italiani pochi decenni orsono. Una vita grama che incattivisce gli animi, una rabbia che mette le persone l'una contro l'altra, una fame che crea avidità e violenza. Una condizione di bestia da soma legata ad una terra porca che ti piglia la pelle a montarla, da cui l'uomo, anche nei momenti di peggior sconforto, continua a sognare di poter venir fuori e quando ci riesce si sente pronto ad affrontare al meglio qualsiasi difficoltà gli riservi il futuro: "Ho fatto quel ritorno come la cosa più bella della mia vita...Arrivato a veder San Benedetto, posai il mio fagotto in mezzo alla strada e feci giuramento di non lamentarmi mai anche se dovevo restarci fino a morto e sotterrato e viverci sempre solo a pane e cipolla, purché senza un padrone. E poi scesi incontro a mia madre, che anche per lei quello era il primo giorno bello dopo chissà quanto".

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Foto di Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio

1922, Alba

Nato ad Alba nel 1922, scrittore di Langa, che nella Langa ha trascorso tutta la sua vita, trovandovi continui spunti di ispirazione, Fenoglio non è mai stato un narratore a tempo pieno. Nel 1945 trova un impiego in un'industria vinicola albese divenendone poi dirigente. Ma ogni ora di libertà Beppe la dedica alla sua passione di raccontare, collaborando a La Fiera letteraria, II caffè, Itinerari ed altre riviste.Tappa fondamentale della sua esistenza è indubbiamente la militanza nella resistenza partigiana: l’8 settembre '43 lo trova alla Scuola allievi ufficiali di Roma ma lo spirito ribelle, insofferente e indipendente dei piemontesi di Langa e la volontà di giustizia e libertà lo porta a raggiungere la sua terra e poi le formazioni partigiane,...

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