Un libro che si deve leggere con attenzione, anche se poi la scrittura scorre veloce. “Il mare non bagna Napoli” è una raccolta di racconti che è difficile incasellare in un genere definito. Vi si trova il racconto “puro”, la visione, la cronaca, lo stile “realistico” sempre però “commentato/ filtrato” dagli occhi dell’autrice o da personaggi (si pensi ad Eugenia del primo racconto) che “parlano per lei. Il racconto che mi ha colpito maggiormente è “La città involontaria”, una cronaca dura, brutale che la scrittrice si trova a ripercorrere nel palazzo dei “Granili”, una vera e propria scala sociale dove alla base c’è un’umanità poverissima, provata, deformata, senza nessuna possibilità di riscatto.
Il mare non bagna Napoli
Al suo primo apparire, nel 1953, "Il mare non bagna Napoli" sembrò a molti inserirsi in quel filone che allora e dopo venne chiamato «neorealismo». Era tutt’altra cosa. Nato dall’incontro della scrittrice con quella città – che era e non era la sua – uscita in pezzi dalla guerra (un incontro che fu insieme un addio: a Napoli la Ortese non tornerà, in seguito, praticamente mai), il libro è la cronaca di uno spaesamento. La città ferita e lacera diventa infatti uno schermo sul quale l’autrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria «nevrosi»: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale e la sua oscura sostanza, la cecità del vivere, un orrore del tempo che ogni cosa corrode e divora – e insieme il riconoscimento del «cupo incanto» della città, del mondo. Tutto il libro, con la sua scrittura «febbrile e allucinata» e al tempo stesso rigorosissima, è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo – come quello della bambina Eugenia il giorno in cui mette gli occhiali, nel primo, indimenticabile racconto – vorrebbe potersi distogliere: e non può. La presente edizione è accompagnata da due testi del tutto nuovi e preziosi, scritti dall’autrice ripensando questo suo libro: per il lettore saranno la guida più sicura.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Manu83 10 agosto 2025Duro
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valenrina 24 luglio 2025incompreso
Cosa volesse dirmi esattamente la Ortese non l'ho capito, non ho purtroppo ritrovato un filo logico soprattutto nell'ultimo racconto. Una scrittura sofisticata ma davvero no sense. Ho apprezzato molto il racconto della città involontaria, che mi ha ricordato molto Le ceneri diAngela. Per il resto gli altri racconti non mi hanno particolarmente suggestionato, l'ultimo invece non l'ho proprio capito. Non consiglio questo libro a nessuno
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Giacomo 17 luglio 2025Un affresco
Un ritratto ferocemente reale di una Napoli ancora ferita dalla Seconda Guerra Mondiale, delle sue contraddizioni e della sua unicità. Ho apprezzato più la prima parte, molto meno la seconda. Un racconto vivido e malinconico, che, per quanto ben scritto, mi ha convinto solo parzialmente.
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