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Anno edizione: 1979
Anno edizione: 2015
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Andato in scena a New York nel febbraio del ’49 per la regia di Elia Kazan, Morte di un commesso viaggiatore costituisce forse il più clamoroso successo teatrale del dopoguerra – un successo che, dagli Stati Uniti, dilaga in tutto il mondo. Partendo dall’idea di descrivere, in chiave quasi comica, quanto si agita all’interno della testa di un uomo, Miller lavorò sin dall’inizio sull’ipotesi di restituire – non solo letterariamente, ma anche e soprattutto sul piano della scrittura scenica – il coesistere di presente e passato nella vita di un essere umano. Willy Loman, l’esausto commesso viaggiatore vittima di un sistema fondato sulle leggi inesorabili della produttività, è stato ed è non solo il rappresentante di un’America già percorsa dai primi brividi del maccarthismo, ma anche un eroe tragico di straordinaria efficacia.
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C’è Willy Loman, un commesso viaggiatore, divorato dagli errori, dalla “fortuna americana” che non ha fatto nella vita e dal fallimento dei suoi figli. C’è Linda.. Linda, donna sottomessa, accondiscendente che piuttosto di ferire chi ama soffre più di tutti: orrendo ritratto delle donne che vivono all’ombra di quelli che amano dimenticandosi di vivere. C’è Biff Loman a cui toccherà smascherare l’ipocrisia che governa il sottile equilibrio delle famiglie come quella dei Loman. C’è una corona di personaggi stupendi incastonati nel testo come perle, tutti al posto giusto, in un geniale lavoro teatrale. Morte di un commesso viaggiatore è figlio del suo tempo di sogni americani… e del nostro: è un tragicamente attuale inno all’importanza delle scelte, al Tempo che ci sfugge e alle speranze di vita migliore cercate, forse, nel modo sbagliato.
Confesso di essere partita con un pò di pregiudizio verso questo libro. Ne avevo così tanto sentito parlare che ad un certo punto era come se lo avessi già letto. Ma la verità è che "Morte di un commesso viaggiatore" è molto più che un'opera letteraria: è la lucida e tagliente critica al sogno americano, cioè ad una società che ha fatto del denaro e della produttività i soli criteri di considerazione sociale. L'estenuante ricerca del successo, la cieca e ostinata negazione della sola idea del fallimento, portano inesorabilmente al disfacimento dell'uomo, intrappolato nelle menzogne agli altri e prima ancora a sé stesso. Quindi non commettete il mio iniziale errore e leggetelo. Vale enormemente la lettura.
Un uomo che ha perso tutto: il lavoro, la fiducia in sé stesso, persino la stima dei propri figli. Un uomo che vede i propri sogni cadere come foglie in autunno. Un uomo che tenta l'ultimo, disperato e drammatico, tentativo di lasciarsi dietro qualcosa che consenta alla sua famiglia di riuscire dove lui ha ineluttabilmente fallito.
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