Il libro di Clark Christopher è densissimo di informazioni che spaziano dalla ricostruzione giornalistica a quella storica. L'autore descrive la Storia come un flusso continuo di scelte di migliaia di protagonisti che sembrano quasi dettate dai capricci di un panteon di divinità rissose. Quasi una descrizione frattale, un punto di vista sicuramente post-moderno che, da una parte vorrebbe abbattere definitivamente il determinismo storico ma che dall'altra trascura le componenti sociali ed economiche, il tutto facendo riportare le élite ad essere il motore principale della Storia. Lo scopo del libro è di quello di mettere in luce come la guerra del 14-18 non fosse lo sbocco predeterminato di un fatalismo storico ma fu il risultato di un enorme brulicare di azioni incessanti. Per l'autore, tali meccanismi sono ben più generali e valgono per qualsiasi avvenimento storico. Per questo motivo chiamo questa visione come iper-moderna, dove quello che emerge è più la fragilità del nostro presente esploso nell'aleatorietà del numero quasi infinito delle decisioni umane. Libro dal doppio interesse, forse più di natura sociale; ma d'altra parte leggiamo con piacere l'Huizinga dell' "Autunno del Medioevo" anche e soprattutto come specchio dell'Europa uscita devastata dalla Grande Guerra. Per concludere, un libro interessante e sicuramente enciclopedico per la presentazione dei personaggi politici, quasi una riedizione ampliata, riveduta e corretta de "Le origini della guerra del 1914" di Luigi Albertini (Goriziana Editore). Un libro animato da una visione storica non molto dissimile da quella di Illies nel suo "1913. L'anno prima della tempesta", recentemente stampato per i tipi della Marsilio. Un libro tuttavia da maneggiare con cura, volutamente parziale nell'ottica descrittiva nonostante la mole e sorretto da un obiettivo politico abbastanza chiaro.
I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande guerra
La mattina di domenica 28 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, e sua moglie Sofia arrivarono in treno a Sarajevo e salirono a bordo di un'autovettura, imboccando il lungofiume Appel, per raggiungere il municipio. Non apparivano affatto preoccupati per la loro sicurezza. Venivano da tre giorni di soggiorno nella cittadina di vacanze di llidze, dove non avevano incontrato che facce amiche. Avevano perfino avuto il tempo per un'imprevista visita al bazar di Sarajevo, dove avevano potuto muoversi senza essere disturbati nelle viuzze affollate di gente. Non sapevano che Gavrilo Princip, il giovane serbo bosniaco che li avrebbe uccisi solo tre giorni dopo, era anch'egli nel bazar, intento a seguire i loro movimenti. Anche l'Europa si avviava inconsapevole al dramma. Non sapeva di essere fragile, frammentata, dilaniata da ideologie in lotta, dal terrorismo, dalle contese politiche. Così l'atto terroristico compiuto con sconcertante efficienza da Gavrilo Princip ai danni dell'arciduca ha un esito fatale: la liberazione della Bosnia dal dominio asburgico e l'affermazione di un nuovo e potente Stato serbo, ma anche il crollo di quattro grandi imperi, la morte di milioni di persone e la fine di un'intera civiltà.
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Edizione:4
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Anno edizione:2013
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