Per il modo di scrivere, veloce e coinvolgente, per la storia e per i personaggi. Si legge che è un piacere
La traccia dell'angelo
24 dicembre 1955, nella casa dei nonni, odorosa di bosco tra candele e torroni, Morfeo aspetta solo di scartare i regali. Poi improvviso l’incidente, una persiana lo colpisce alla testa. E subito l’ospedale, il risveglio, la ricerca di una cura. Un romanzo popolato di camici bianchi, illuminato da angeli inattesi in costante equilibrio tra reale e surreale e in cui il lettore ritrova il sorriso graffiante e visionario di Benni.
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Testo in italiano
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Sere 01 settembre 2024Consigliato
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Vane 07 novembre 2023
Testo originale, a tratti onirico. Da leggere
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GIANLUCA DONATO 29 dicembre 2011
Un libro diverso dagli altri di Stefano Benni. Un libro che sembra essere stato scritto tutto d’un fiato, con impeto, urgenza, rabbia e un pizzico di disperazione, a volte. Più che un libro sembra essere una bozza o un riassunto, con personaggi e vicende appena delineati e non approfonditi. Ma forse, combinando le due cose, l’idea che mi viene in mente è quella di un libricino scritto in un impeto emotivo e quindi con l’urgenza di raccogliere tutto quello che lo scrittore aveva dentro, prima che si esaurisse, prima che le emozioni lasciassero spazio ai dettagli. Non so se la nota autobiografica di cui si è letto sia vera o meno, di certo la sensazione è quella, di una vicenda che lo ha toccato da vicino, ma forse è solo così bravo da renderlo verosimile e farcelo credere. Di certo non è il solito Benni, la lettura non strappa neanche un sorriso ma ti prende alla bocca dello stomaco, a volte come una vaga sensazione d’angoscia. Dentro ci troviamo elementi già cari al Lupo e che ricordano altri libri, dalla depressione e la dipendenza già accennate in Comici Spaventati Guerrieri, Elianto e Le Beatrici, agli angeli caduti/diavoli, che sembrano i fratelli maggiori, più maturi e consapevoli dei tre protagonisti di una delle vicende di Elianto stesso. Più una critica esplicita e feroce a chi, della malattia, fa un’industria su cui speculare per trarre profitti, sicuramente uno degli aspetti più sgradevoli dell’epoca in cui viviamo. Insomma non il solito Benni, ma uno più intenso e cupo, altrettanto coinvolgente. Un aspetto, a mio avviso, da esplorare ancora.
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