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Anno edizione: 2011
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Per il modo di scrivere, veloce e coinvolgente, per la storia e per i personaggi. Si legge che è un piacere
Testo originale, a tratti onirico. Da leggere
Un libro diverso dagli altri di Stefano Benni. Un libro che sembra essere stato scritto tutto d’un fiato, con impeto, urgenza, rabbia e un pizzico di disperazione, a volte. Più che un libro sembra essere una bozza o un riassunto, con personaggi e vicende appena delineati e non approfonditi. Ma forse, combinando le due cose, l’idea che mi viene in mente è quella di un libricino scritto in un impeto emotivo e quindi con l’urgenza di raccogliere tutto quello che lo scrittore aveva dentro, prima che si esaurisse, prima che le emozioni lasciassero spazio ai dettagli. Non so se la nota autobiografica di cui si è letto sia vera o meno, di certo la sensazione è quella, di una vicenda che lo ha toccato da vicino, ma forse è solo così bravo da renderlo verosimile e farcelo credere. Di certo non è il solito Benni, la lettura non strappa neanche un sorriso ma ti prende alla bocca dello stomaco, a volte come una vaga sensazione d’angoscia. Dentro ci troviamo elementi già cari al Lupo e che ricordano altri libri, dalla depressione e la dipendenza già accennate in Comici Spaventati Guerrieri, Elianto e Le Beatrici, agli angeli caduti/diavoli, che sembrano i fratelli maggiori, più maturi e consapevoli dei tre protagonisti di una delle vicende di Elianto stesso. Più una critica esplicita e feroce a chi, della malattia, fa un’industria su cui speculare per trarre profitti, sicuramente uno degli aspetti più sgradevoli dell’epoca in cui viviamo. Insomma non il solito Benni, ma uno più intenso e cupo, altrettanto coinvolgente. Un aspetto, a mio avviso, da esplorare ancora.
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