Per il modo di scrivere, veloce e coinvolgente, per la storia e per i personaggi. Si legge che è un piacere
La traccia dell'angelo
Un Natale degli anni Cinquanta. Tutta la famiglia è riunita intorno all'albero, che porta sulla cima un puntale con l'effigie di un angelo che il piccolo Morfeo fissa incantato; ora il bambino si allontana, si rannicchia presso una finestra, quando una persiana si stacca piombandogli sul capo. Il trauma lo lascia per giorni tra la vita e la morte. Ciò che segue è il tempo di Morfeo, da quel disgraziato incidente agli anni futuri. Ma ciò che segue può essere letto come un lungo delirio, come un sogno oppure come un racconto di verità alterato dal dolore, un dolore che c'è sempre, acquattato nelle pieghe della vita, e periodicamente mostra la smorfia. Morfeo cresce, diventa scrittore, incontra il mondo e i suoi curiosi abitanti: ha amici, passioni, e un amatissimo figlio. Ma tutto il suo cammino è segnato dalla malattia, forse eredità di quella ferita, forse no, che lo rende diverso e non mette d'accordo i medici, tantomeno l'industria delle cure. Superbia, vanità, incompetenza, ma soprattutto il cinico affarismo lo lasciano in balia dei farmaci, ne diventa dipendente, le sue giornate sono ritmate da quel "dominio chimico".
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Autore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2011
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Sere 01 settembre 2024Consigliato
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Vane 07 novembre 2023
Testo originale, a tratti onirico. Da leggere
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GIANLUCA DONATO 29 dicembre 2011
Un libro diverso dagli altri di Stefano Benni. Un libro che sembra essere stato scritto tutto d’un fiato, con impeto, urgenza, rabbia e un pizzico di disperazione, a volte. Più che un libro sembra essere una bozza o un riassunto, con personaggi e vicende appena delineati e non approfonditi. Ma forse, combinando le due cose, l’idea che mi viene in mente è quella di un libricino scritto in un impeto emotivo e quindi con l’urgenza di raccogliere tutto quello che lo scrittore aveva dentro, prima che si esaurisse, prima che le emozioni lasciassero spazio ai dettagli. Non so se la nota autobiografica di cui si è letto sia vera o meno, di certo la sensazione è quella, di una vicenda che lo ha toccato da vicino, ma forse è solo così bravo da renderlo verosimile e farcelo credere. Di certo non è il solito Benni, la lettura non strappa neanche un sorriso ma ti prende alla bocca dello stomaco, a volte come una vaga sensazione d’angoscia. Dentro ci troviamo elementi già cari al Lupo e che ricordano altri libri, dalla depressione e la dipendenza già accennate in Comici Spaventati Guerrieri, Elianto e Le Beatrici, agli angeli caduti/diavoli, che sembrano i fratelli maggiori, più maturi e consapevoli dei tre protagonisti di una delle vicende di Elianto stesso. Più una critica esplicita e feroce a chi, della malattia, fa un’industria su cui speculare per trarre profitti, sicuramente uno degli aspetti più sgradevoli dell’epoca in cui viviamo. Insomma non il solito Benni, ma uno più intenso e cupo, altrettanto coinvolgente. Un aspetto, a mio avviso, da esplorare ancora.
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