(secc. VII-VI a.C.) poeta greco. Visse in Sicilia, a Imera, forse sua città natale; molto incerte sono le notizie sulla sua vita e la cronologia delle sue opere. Una tradizione leggendaria voleva che i Dioscuri lo avessero punito con la cecità perché aveva diffamato Elena, e che egli recuperasse la vista solo quando, nella Palinodia, affermò che non Elena ma un suo fantasma aveva seguito Paride a Troia. Della sua opera, in dialetto dorico, che nell’edizione alessandrina si componeva di 26 libri, a noi restano scarsissimi e brevi frammenti; mentre si sa che i componimenti di S. avevano in buona parte carattere epico-lirico, erano assai ampi e destinati alla recitazione. Basta ricordare alcuni titoli: Elena (tratto dall’epos omerico), La presa di Ilio e l’Orestea (dal ciclo epico), I giochi in onore di Pelia (dalla leggenda degli Argonauti). Altre composizioni si riferivano a leggende locali (Erifile) o avevano un carattere più erotico, come i carmi Calice, Dafni, Rádine. Grandissima fu la fortuna di S. presso gli antichi (Quintiliano lo definì «l’Omero dei poeti lirici») e notevole la sua influenza sull’arte figurativa del periodo arcaico.