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Anno edizione: 2021
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Byung-Chul Han, tra i pensatori piú importanti e piú letti dei nostri tempi, affronta con stile nitido e conciso una delle fratture al cuore della società di oggi: la paura del dolore.
«In un testo che a molti suonerà assai discutibile, Han propone una critica fondamentale della priorità sanitaria nell'emergenza pandemica e un'altrettanto fondamentale rivalutazione del dolore» - Marco Ventura, la Lettura
Il mondo contemporaneo è terrorizzato dalla sofferenza. La paura del dolore è cosí pervasiva e diffusa da spingerci a rinunciare persino alla libertà pur di non doverlo affrontare. Il rischio, secondo Han, è chiuderci in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia, perché è solo attraverso il dolore che ci si apre al mondo. E l'attuale pandemia, argomenta il filosofo tedesco-coreano, con la cautela di cui ha ammantato le nostre vite, è sintomo di una condizione che la precede: il rifiuto collettivo della nostra fragilità. Una rimozione che dobbiamo imparare a superare. Attingendo ai grandi del pensiero del Novecento, Han ci costringe, con questo saggio cristallino e tagliente come una scheggia di vetro, a mettere in discussione le nostre certezze. E nel farlo ci consegna nuovi e piú efficaci strumenti per leggere la realtà e la società che ci circondano.
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Secondo libro consecutivo di quello che è considerato uno dei maggiori filosofi contemporanei. Alcuni spunti interessanti, già incontrati nel precedente "Psicopolitica" diluiti in un'eccessivo, a mio parere, elogio del dolore. La "società palliativa" nella quale viviamo avrebbe anestetizzato il dolore, bandendo ogni esperienza traumatica impedendo così ogni livello di conflitto. Tutto ciò si ricollega al nuovo dominio neo liberale che ci governa e domina senza l'uso della violenza anzi, con il nostro consenso di consumatori edonisti interessati all'apparire per il quale ci spogliamo volentieri dei nostri diritti. In questo contesto, ogni possibilità di cambiamento radicale o, addirittura, di rivoluzione sociale è impossibile. Credo che approfondirò lo studio di questo autore, per ora sospendo il giudizio.
Libro di filosofia dallo stile accessibile che fa riflettere sul sistema di valori contemporaneo, sull'importanza del dolore e sul senso stesso della vita. Il tema di fondo è la risposta collettiva alla pandemia, quali sono i valori sottintesi a certe scelte, con molte citazioni che arricchiscono il testo senza appesantirlo. Il finale comprende le tendenze della società contemporanea, fino alla previsione (o monito?) dell'autore sul tipo di organizzazione verso cui sembriamo diretti.
Lo stile dell'autore è scarno e diretto. Enuncia la tesi nel primo capitolo e ne sviscera il significato e le conseguenze nel resto dei capitoli. Un libricino interessante, soprattutto perché provocatorio nei confronti di una società algofobica, che ha esiliato morte e sofferenza dalle proprie esistenze, relegandole a un inconveniente somatico.
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