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Dove la terra finisce. Il viaggio gastrosofico di Eugenio Montale in Normandia e Bretagna
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Dove la terra finisce. Il viaggio gastrosofico di Eugenio Montale in Normandia e Bretagna - Pierpaolo Pracca - copertina
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Dove la terra finisce. Il viaggio gastrosofico di Eugenio Montale in Normandia e Bretagna

Descrizione


Cibi e bevande che accompagnarono Montale nelle sue meditazioni sulla vita e sull'esistenza, durante i soggiorni nel nord della Francia tra il 1951 e il 1956. Un materiale documentario minimalista che, tra curiosità culinarie e considerazioni gastrosofiche, invita a cogliere il sottofondo umano, troppo umano, di questo grande poeta.
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Dettagli

2021
1 gennaio 2021
82 p., ill. , Brossura
9788865803004

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

viaggio gastrosofico di Eugenio Montale in Normandia e Bretagna Pierpaolo Pracca (Il leone verde, 2021) Ho comprato questo libro ad Acqui, città dove vive l’autore Pierpaolo Pracca, psicanalista e filosofo, di quei filosofi (e psicanalisti) che praticano un ascolto “critico”, che ascoltano e osservano parlando, spesso attraverso la scrittura. Pioveva e tornando alla macchina, il quartiere della Pisterna sembrava già un angolo di Bretagna o di Normandia, laddove la terra finisce: Una piazza, un viottolo, il mare. “Dove la terra finisce” racconta un Montale poco conosciuto, alle prese con i menù e le ricette di una tradizione gastronomica ricca, dai sapori decisi, dove i prodotti della terra finiscono in tavola accanto al pescato del giorno, ai frutti di mare, alle ostriche e ai granchi. Un itinerario gastrofisico dunque, che Pracca conduce attingendo alla produzione poetica montaliana ma soprattutto alla prosa (Montale, durante i suoi soggiorni francesi era solito portare in tasca un taccuino dove annotava impressioni e suggestioni, il disegno di una casa o di un animale, una parola che si affaccia improvvisa e incensurabile.) Nell’arco temporale di una decina d’anni sono stati numerosi i suoi viaggi oltralpe, sia in qualità di inviato del Corriere della Sera, sia come semplice viaggiatore. I pezzi del poeta-cronista sono poi confluiti all’interno de La farfalla di Dinard (raccolta di racconti brevi scritti tra il 1946 e il 1950 per la terza pagina del Corriere della Sera e del Corriere d’Informazione e pubblicati da Neri Pozza nel 1956). Scopriamo tra le pagine del libro, il Montale collezionista di menù e l’esperto gastronomo al quale viene affidato il ruolo di relatore in occasione della presentazione del volume “La cucina di Falstaff” di Vincenzo Buonassisi. Ma la scoperta rivelatrice per eccellenza, dice Montale, è nel guardare mangiare gli altri. Il poeta ne è convinto: “Sono stato un grande mangiatore e più tardi un raffinato gourmet. Ma ormai il solo piacere della mia vita è di vedere mangiare gli altri. Chi conosce questo mio debole mi chiama il Veggente. In realtà io non sono un curioso: sono un moralista epicureo. Non potendo studiare l’uomo in tutte le sue facoltà e abitudini, ho scelto la più duratura e anche la più piacevole: la nutrizione.” In effetti, insieme alla lirica, la cucina ha rappresentato per il poeta una vera, grande, passione. Da buon genovese Montale amava il pesto, la torta pasqualina, la cima, le acciughe marinate. E appena poteva si concedeva un bicchierino di Sciacchetrà, che considerava superiore al Porto. Ma dalle onde delle Cinque Terre a quelle del Nord della Francia, il percorso (poetico) è breve. Basta un ricordo. Magari il lume di una petroliera. In realtà è un legame autentico quello che stringe il poeta ligure al Finisterre. Montale è affascinato dalla solitudine, dagli spazi infiniti, dal panorama scosso e solenne, in perpetuo movimento, dove l’orizzonte spesso scompare, avvolto dalla nebbia, e il mare si ritrae lasciando la spiaggia ai pescatori “a secco”. Un universo selvaggio che il poeta dell’altrove, il “cultore del Dio assente”, per dirla con Giovanni Raboni, non può che amare e “patire” intensamente. Ma la passione che il lettore avverte, smarrendosi piacevolmente tra l’aneddotica e i diversi spunti di riflessione, è doppia. Si intuisce quanto la Bretagna e la Normandia siano luoghi dell’anima, letteralmente, anche per Pracca. Così le suggestioni e la memoria di Montale si fondono nell’immaginario dell’autore, restituendo una lettura palpitante, densa di rimandi evocativi. Dove la terra finisce è un testo impegnativo, ma niente paura. Pierpaolo Pracca è un pensatore ironico che sa coniugare la citazione sapiente al particolare umoristico. Il lettore che mastica un po’ di genovese, anche solo per sentito dire, si divertirà allora nell’immaginare il poeta ligure, Premio Nobel per la Letteratura, mentre scrive sulla carta di un pacco di biscotti prodotti dalla fabbrica dolciaria francese Belin. “Si vous etes Génois et malin, préférez les biscuit Belin! ” Le ultime pagine del libro contengono un vasto ricettario. Una vera e propria guida ai sapori della cucina bretone e normanna. Ventisette ricette che spaziano dal salato al dolce, dalle zuppe alle crêpes. Un bel libro, “Dove la terra finisce”, un saggio letterario da gustare, pagina dopo pagina. Sorso dopo sorso. … Il vinattiere ti versava un poco d’Inferno. E tu, atterrita: «Devo berlo? Non basta esserci stati dentro a lento fuoco?»

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