Emozionante leggere il finale scritto da Camilleri per il suo personaggio più amato. Non potrebbe esistere un finale migliore.
Riccardino
«Il telefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parse". "Riccardino sono", disse una voce "squillante e festevole", per dargli appuntamento al bar Aurora. Ma Montalbano non conosceva nessuno con quel nome... Un'ora dopo, la telefonata di Catarella: avevano sparato a un uomo, Fazio lo stava cercando. Inutilmente il commissario cercò di affidare l'indagine a Mimì Augello, perché "gli anni principiavano a pesargli" aveva perso "il piacere indescrivibile della caccia solitaria", insomma "da qualichi tempo gli fagliava la gana", "si era stuffato di aviri a chiffari coi cretini". Si precipitò sul posto, e scoprì che il morto era proprio Riccardino.»
Questo, in sintesi, è l'incipit di Riccardino, l'ultimo, atteso romanzo con protagonista il commissario Montalbano, che Andrea Camilleri ha voluto uscisse postumo. Il primo capitolo del romanzo è stato letto in anteprima il 16 maggio 2020 dallo scrittore Antonio Manzini, amico e allievo di Camilleri, in occasione del Salone del Libro Extra.
Un titolo così diverso da quelli essenziali ed evocativi e pieni di significato ai quali siamo abituati, in cui risuonano echi letterari. Riccardino segna quasi una cesura, una fine, ed è giusto marcare la differenza sin dal titolo.-
Autore:
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Anno edizione:2020
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Vermiglio 06 febbraio 2025Geniale
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Roman 11 gennaio 2025il libro conclusivo
Ho letto tutti i suoi libri e non potevo perdere l’ultimo capolavoro del maestro….Straordinario.
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Ladra di parole 30 dicembre 2024Ciao Montalbano
Riccardino è il capitolo finale, ho tenuto tra le mani questo libro per circa mezz’ora prima di convincermi e iniziare a leggerlo. Non ero pronta a dire addio a Fazio, a non ascoltarlo più leggere i suoi pizzini con il suo intramontabile “complesso dell’anagrafe”, a Mimì, a Catarella ed il suo linguaggio contorto e stralunato, le sue telefonate mattiniere e a Pasquano con le sue continue discussioni e il suo: « Non mi scassi i “cabasisi”». Non ero pronta a rivedere per l’ultima volta Vigata, i pranzi da Enzo, le cene preparate da Adelina, le passeggiate lungo il faro, le numerose sigarette fumate sullo scoglio piatto e i tanti caffè bevuti sulla terrazza di Marinella. Ma una volta terminato, ho capito che con queste pagine non si conclude la storia del commissario Montalbano, né si conclude il mito di Camilleri. Perchè le parole sono eterne come le emozioni che proviamo nel leggerle. Sicuramente non è il suo miglior romanzo, con un finale un tantino surreale che lascia l’amaro in bocca e una nota di malinconia e commozione, ma non poteva essere altrimenti. Perchè Camilleri non rientra negli stereotipi, non cade mai nella banalità. Ti fa entrare nel suo universo e con il suo paradossale ingegno riesce a far vedere all’occhio del lettore ciò che racconta, con la sua immensa cultura e la sua ironia. Quindi cos'altro aggiungere? Con Camilleri ho scoperto la mia comfort zone, continuerò a rifugiarmi a Vigata ogni qualvolta ne sentirò la necessità e continuerò a rilassarmi con quel dialetto che con gli anni ho imparato a capire e ad amare. E’ un cerchio che si chiude… forse, ma che si consegna all’eternità.
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