La conferma che è Carrere arriva nelle ultime battute dove si chiude il cerchio di storie esterne e direttamente personali dell’autore. Sorprende e come i suoi altri libri lo consiglio
Un romanzo russo
«La follia e l'orrore hanno attanagliato la mia vita» scriveva Carrère presentando Un romanzo russo ai lettori francesi. «Di questo, e di nient'altro, parlano i miei libri».
«La follia e l’orrore hanno attanagliato la mia vita» scriveva Carrère presentando "Un romanzo russo" ai lettori francesi. Un giorno, però, dopo aver concluso la stesura dell’"Avversario", alla follia e all’orrore decide di sfuggire. Trova un nuovo amore e accetta di realizzare un reportage su un prigioniero di guerra ungherese dimenticato per più di cinquant’anni in un ospedale psichiatrico russo. Arriva così in una cittadina a ottocento chilometri da Mosca, dove tornerà poi una seconda volta, ad aspettare, quasi in agguato, che accada qualcosa. Qualcosa accadrà: un delitto atroce. La follia e l’orrore l’hanno dunque «riagguantato». Anche nella vita amorosa: un racconto erotico scritto per gioco, per «fare irruzione nel reale», precipita lui e la sua compagna in un incubo destinato a devastare le loro vite. Nel frattempo, il viaggio in Russia ha messo fatalmente in gioco le sue origini e il suo rapporto con la lingua della madre – e Carrère comincia a indagare su quello che gli «è stato proibito raccontare»: «il fantasma che ossessiona la nostra famiglia». Per esorcizzare quel fantasma compirà «un oscuro percorso nell’inconscio di due generazioni», che lo porterà alla resa dei conti con un retaggio «di paura e di vergogna».
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Anno edizione:2023
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Daniela 03 gennaio 2025Particolare
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AllegraF 06 dicembre 2024Apprezzato in parte
Se Carrere si fosse limitato a scrivere solo della sua storia d’amore disfunzionale, tossica e malata sicuramente mi sarebbe piaciuto. Purtroppo tutto il resto l’ho trovato deludente e senza nè capo nè coda, ho capito il fine ultimo del libro ma avrebbe potuto farlo senza partire dalla storia dei suoi avi
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EvadiPalma 26 settembre 2022La profezia che si autoavvera
Un libro doloroso, come la sofferenza inflitta o consapevolmente negata. Leggendolo seguiamo i passi di chi si reca verso la trappola costruita apposta per sé, al ritmo di una profezia che si autoavvera. Nel cuore della trama ci imbattiamo in un racconto erotico perverso e magnifico, come sa essere il piacere che scaturisce dalla sensazione del controllo su qualcuno - o di qualcuno su di noi -. Ma che, come le migliori sciagure che siamo noi ad autoinfliggerci assaporandone in anticipo l’amarezza, si tramuterà nell’epitaffio della relazione che si era creduta - o voluta credere - salvifica. Da qualche parte ho letto che gli antichi mozzavano la testa a chi portava cattive notizie. Immaginiamo cosa accade se siamo noi ad autoannunciarci le sventure prima ancora che si verifichino. Inquietudine e insicurezza sono i demoni che dimorano in chi si chiede se per lui “scrivere non voglia dire necessariamente uccidere qualcuno”. Perché non esiste - quantomeno non per tutti - la possibilità di “comprare il biglietto per dare a Dio la possibilità di salvar[c]i”. Ma - questo forse, sì - è alla nostra portata decidere di uscire dalla pancia materna, dove viviamo raggomitolati “nel sonno, nella prostrazione, nel calore, nell’immobilità. Beat[i] e spaventat[i]”, e deliberare che “è arrivato il momento di uscire. Come il paralitico del Vangelo, che ha passato la vita in un letto a lamentarsi inutilmente, finché non è arrivato qualcuno a dirgli: alzati e cammina, e allora lui si alza e cammina”. Un libro da cui non ci si riesce a staccare, come accade con gli incubi, quando una forza maggiore della nostra volontà ci trattiene dall’aprire gli occhi anche quando saremmo liberi di farlo. E il sottofondo in perfetta assonanza è una cupa ninnananna russa.
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