Non mi avventuro in un’esegesi di poche righe di un testo che è una vertigine meta-letteraria o forse una fantasia ‘futile’, nell’accezione di arte(bellezza) fine a se stessa. Mi limito a riaffermare l’assoluto splendore della prosa di Nabokov: poche sue pagine (al netto del filtro della traduzione) ricordano in modo evidente la differenza che corre tra un grande scrittore e un narratore, un costruttore di trame (profilo che pure non intendo denigrare, ma assolve altre funzioni). Nel finale, la corsa a perdifiato di V. al capezzale di Sebastian è un pezzo di bravura che sfocia nell’ennesima mistificazione, utile però a rivelare ‘che l’anima è solo un modo di essere – non uno stato costante – che ogni anima può essere la tua se ne scopri e ne segui le ondulazioni’.
La vera vita di Sebastian Knight
Sebastian Knight, un geniale scrittore nato a Pietroburgo nel 1899 ed educato in Inghilterra, muore in giovane età lasciando alcuni romanzi, una serie di racconti e un fratellastro, V., che decide di scriverne la «vera vita» ritornando nei luoghi frequentati dal defunto e rintracciandone le donne e gli amici. Ma V. è uno Sherlock Holmes maldestro e impacciato, le piste s’incrociano e si sovrappongono, i personaggi si sdoppiano, sfuggono, talvolta muoiono mentre la ricerca è in corso, e il libro di V. diventa un romanzo senza fine la cui forma aberrante sarebbe questa: «un autore scrive un libro su di un autore che vorrebbe scrivere un libro su di un autore il quale, incidentalmente, ha avuto in animo di scrivere una biografia fittizia; di questo autore praticamente non si hanno notizie che non siano ingannevoli o tautologiche, ed anzi l’unica vera “notizia” è che Sebastian, scrittore, ha scritto dei libri» (Giorgio Manganelli). Ma è questo un romanzo o il romanzo di una biografia che è anche autobiografia? Vladimir Nabokov, nato a Pietroburgo nel 1899, si definiva «uno scrittore americano cresciuto in Russia, educato in Inghilterra, imbevuto della cultura dell’Europa occidentale», e di questo «scrittore americano» dalle innumerevoli sfaccettature "La vera vita di Sebastian Knight" si può considerare l’atto di nascita e il passaporto. È un atto di nascita perché dopo i romanzi e i racconti in lingua russa è il primo libro scritto direttamente in inglese (fu composto a Parigi nel 1938, perlopiù nella stanza da bagno di un minuscolo appartamento, e pubblicato in America nel 1941 da New Directions, la casa editrice diretta dal poeta James Laughlin); ed è un passaporto per l’emigrazione da una letteratura a un’altra, nella quale Nabokov trasferisce e arricchisce il suo armamentario di scrittore-scacchista e scrittore-entomologo, i suoi giochi verbali e numerologici, le invenzioni e i colpi di scena di una regia partecipe e insieme impietosa, non di rado perversa, sempre imprevedibile.
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Testo in italiano
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Loris 30 marzo 2025
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Anna 22 febbraio 2024
Bellissimo
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Questo è il primo libro che Nabokov scrive direttamente in inglese, quando ormai era già sicuro di trasferirsi negli U.S.A. traspaiono anche qui, come in molti altri suoi lavori molte vicende biografiche. L’origine russa del protagonista e il suo scrivere in inglese, il fatto di avere un fratello ( qui è V il narratore) con il quale non ci sono molti rapporti richiamano i reali dati biografici di Nabokov. Dal titolo traspare , poi , da parte dello scrittore il desiderio di creare una biografia e così infatti sarà ; ma l’elemento più importante ed intrigante non è la sequenza dei dati e degli elementi da mettere insieme bensì l’aspetto meta-narrativo, cioè il creare il romanzo nel romanzo proprio su un personaggio che ha scritto romanzi e biografie. Nabokov è veramente un illusionista della parola e della lingua e gli piace moltissimo confondere le carte, sbaragliare le pedine degli scacchi , magari con la mossa del cavallo , che appunto si chiama Knight. E così confondiamo ad un certo punto narratore con autore, contenitore con contenuto. In questo modo il protagonista del romanzo, lo scrittore russo-inglese Sebastiano Knight sfugge sempre allo scrivente- narratore V. che arriva sempre tardi, magari proprio anticipando le sue ricerche. Sembra un romanzo di inseguimenti, “a sorpresa”… Il libro poi è intessuto di ironie, allusioni, sottili polemiche letterarie, una magnifica rappresentazione di quello che diventa per lo scrittore la biografia che sta ricostruendo- La biografia dunque non è mai un racconto oggettivo e cronologico di un dato personaggio ma è la rappresentazione soggettiva di quegli stessi dati; come dire che l’ordine soggettivo imposto dal narratore si impone sull’ordine oggettivo dei dati , perché identificazione interiore tra narrato e narrante diventa inevitabile, come afferma lo stesso narratore. Lo consiglio caldamente.
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