(New York 1919 - Cornish, New Hampshire, 2010) narratore statunitense. Dopo gli studi universitari a New York, prese parte come sergente di fanteria alla seconda guerra mondiale. A differenza di altri prosatori della sua generazione, S. però non privilegia l’esperienza bellica, la trasferisce se mai in un privato simbolico. L’ambiente del romanzo che gli ha dato la celebrità, Il giovane Holden (The catcher in the rye, 1951), è quello medio-alto borghese, con i suoi codici di comportamento, il suo conformismo, la sua assenza di valori; se la coppia borghese tende a riprodursi a propria immagine e somiglianza, sarà l’adolescente a tentare di distaccarsi per una propria ricerca di identità, rifiutando, come lo Huck Finn di Mark Twain, di «lasciarsi educare». Il successo del romanzo si deve alla esemplarità della figura di Holden (personaggio che costituisce anche il punto di vista narrativo), oltre che al linguaggio, trascrizione avvertita del cosiddetto college slang, e all’ironia, pur ricca di partecipazione, che rientra nel filone del grande umorismo esagerativo americano. Anche nei Nove racconti (Nine stories, 1953) i ragazzi e il loro linguaggio sono l’occhio critico, la struttura narrativa, il veicolo ideologico, in un mondo che ricorda in parte, per sottigliezza, inquietudine, tenerezza, quello di F.S. Fitzgerald, uno degli autori prediletti di S. A interessi di tipo metafisico (in particolare per il buddhismo zen) molti critici attribuiscono taluni squilibri di fondo e quella sorta di manierismo che caratterizza le opere successive di S., capitoli ideali di una saga familiare: Franny e Zooey (Franny and Zooey, 1961), Alzate l’architrave, carpentieri (Raise high the roof beam, carpenters!, 1963) e Hapworth 16, 1924, l’ultimo racconto apparso sul «New Yorker» nel 1965, prima del grande silenzio in cui S. si è volontariamente e rigorosamente chiuso.