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Anno edizione: 2013
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Salpando dal porto di Nantucket in una fredda giornata di dicembre i marinai del Pequod erano convinti di intraprendere un normale viaggio a caccia di nobili ed inermi leviatani, allo scopo di riempire la stiva della nave di barili colmi di pregiato e remunerativo olio di balena. Nessuno poteva sospettare minimamente quale fosse il reale intento del loro capitano, il folle e vendicativo Achab, deciso a trasformare un affare commerciale in un regolamento di conti con i suoi fantasmi e le sue ossessioni. Nessuno, tranne il primo ufficiale Starbuck, si rese conto del pericolo cui si andava incontro quando Achab, comparendo per la prima volta al cospetto della ciurma saldamente piantato sulla sua gamba d'avorio e con gli occhi iniettati di sangue, palesò con insana enfasi il suo vero obiettivo: trovare, combattere e uccidere il leggendario Moby Dick, un niveo e combattivo capodoglio, astuto e feroce, che in tanti cercavano di ammazzare rimettendoci chi qualche arto come Achab, chi addirittura la vita. Presi dal carisma del capitano e dallo spirito d'avventura che suscitava l'impresa, gli uomini risposero positivamente alla richiesta di fedeltà del loro pazzo condottiero giurando, in un'orgia di alcool, follia e adrenalina, di abbracciare fino in fondo la sua causa e di combattere Moby Dick fino alla morte. Ma da quel momento in poi un'infinita serie di presagi nefasti accompagnerà il viaggio della baleniera e quella intrapresa si rivelerà ben presto una strada senza uscita. Ricca di simbolismo, l'opera di Melville è fortemente emblematica di una concezione pessimistica della condizione umana. La lotta contro la balena bianca è una dura e implacabile metafora delle continue battaglie che da sempre l'essere umano conduce contro la natura, contro i propri limiti, contro se stesso e le proprie ossessioni, battaglie dalle quali non può che uscire ridimensionato e sconfitto. Simbolica anche la scelta del candido colore della balena, il bianco, una tinta comunemente associata alla santità, all’innocenza, alla gioia, alla luce, che qui invece assume un significato spettrale, diventa simbolo di orrore, di morte, di gelo, infonde nell’animo un panico maggiore del rosso, lo spaventoso colore del sangue. Bianco è il mare che incute timore nei marinai, bianche le ali degli uccelli marini portatori di cattivi auspici, bianche le cicatrici di Achab. Un colore che compare nel libro in maniera ricorrente, e sempre con accezione negativa. I diversi aspetti dell'animo umano poi vengono ben rappresentati dai vari personaggi che compongono l'equipaggio: alla follia, alla megalomania, alla brama di dominio personificate dal capitano fanno da contraltare la saggezza, la prudenza, la razionalità di Starbuck; al meccanico coraggio del secondo ufficiale Stubb si contrappone la viltà del tamburellista Pip; il narratore Ismaele incarna la voglia di conoscere il mondo e di comprendere l’animo umano, il misterioso Fedallah la metafisica capacità di prevedere il futuro. Inoltre l’eterogenea composizione della ciurma, formata da uomini di ogni razza e religione, appare come un invito alla perfetta coesistenza e integrazione tra culture differenti. Contenuti quindi di tutto rispetto e stile indubbiamente degno di lode che in alcuni passaggi, soprattutto nel finale, raggiunge alti picchi di virtù letteraria, ai limiti del lirismo. Peccato che la piacevolezza della lettura venga messa a dura prova da lunghi e tediosi monologhi riguardanti le tecniche di pesca, la lavorazione dell’olio di balena o la conformazione fisica dei leviatani. Dissertazioni pesanti e di scarso interesse per il lettore, che occupano una buona metà del romanzo e non sembrano avere altra funzione che mettere in evidenza la ricca competenza dell’autore in quest’ambito. Un’inutile sfoggio di cultura che appesantisce notevolmente un’opera dal valore comunque innegabile che sottolinea quanto sia pericoloso lasciarsi trascinare dall’insana tracotanza di certi personaggi carismatici (vedi leader politici), perché spesso la follia di una sola persona rischia di far affondare tutti coloro che ciecamente gli vanno dietro.
Per molti ostico, più che altro per le lungaggini (senza le quali il libro stesso non avrebbe senso) che permettono tuttavia di creare un'ambientazione dalla solidità inusitata, con concessioni alla letteratura più classica, in parte didascalica e "didattica", è il libro che - si deve aver letto. Non per non fare la figura dell Zelig di Allen, ma perché si tratta di un moderno percorso di conoscenza, è l'Ulisse all'epoca dell'America e di una più profonda che mai e moderna crisi di coscienza, di lotta interiore nel senso Konradiano di discesa nell'oscurità dell'animo umano. Lotta per essere? per sapere? per vendetta? per sopravvivere alle proprie macerie? per il male, per il bene? L'esistenza umana. Ha i classici "difetti americani", ma da una diversa prospettiva, poiché il titanismo ecc non sono tronfio esibirsi del uomo ma piuttosto suo soccombere all'enormità... dell'oceano. Intriso di nebbie e colori plumbei e di umori ed odori e sapori che avvolgono e rapiscono, a momenti potente, in altri soggetto a suscitare il mal di mare, ricordo che mi aveva fatto venire una gran voglia di una zuppa di pesce, che vivendo quasi in montagna mi era toccato surrogare con vaghe alternative surgelate.
Vi si trovano alcune pagine scritte magnificamente e coinvolgenti. Ovviamente alcune risentono dell'epoca in cui è stato scritto e pensato. E' un libro da leggere.
Recensioni
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