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Visionari, tristi, pungenti, onirici, malinconici, i racconti di Kafka pubblicati in questa raccolta si differenziano per la varietà delle storie e dei protagonisti ma sono tutti accomunati da un profondo senso di amaro surrealismo e ruotano intorno ad un concetto comune: l’infelice situazione dell’uomo sulla terra e l’ineluttabilità del suo destino. Tra tutti spicca nettamente “La metamorfosi”, il vero capolavoro del libro, nel quale è racchiuso tutto il pensiero di Kafka sulla vita umana. Il commesso viaggiatore Gregor Samsa si impegna con grande fervore nel suo lavoro per garantire un buon tenore di vita alla sua famiglia, di cui è ovviamente il beniamino. Ma quando una mattina si sveglia trasformato in un grosso e rivoltante scarafaggio l’affetto e la riconoscenza nei suoi confronti cessano di colpo, crudelmente soppiantate dal ribrezzo e dalla paura che suscita nei suoi cari. Per lui comincia una vita di isolamento e di desolazione, in cui nessuno mostra compassione per la sua attuale situazione. Impietosa metafora della condizione umana, La metamorfosi è dotata di una fortissima carica empatica che permette al lettore di immedesimarsi nel povero Gregor, e offre continui spunti di riflessione su temi quali la diversità, la solitudine, l’abbandono. Insieme ad essa troviamo altri tre racconti lunghi, tutti degni di nota e meritevoli di essere letti. Ne “Il verdetto” un uomo che da ormai troppo tempo inganna incresciosamente un suo carissimo amico viene smascherato dal proprio padre: l’occasione è il pretesto per quest’ultimo per gridare al figlio la rabbia e la delusione per il suo comportamento ambizioso ed egoista degli ultimi anni e per lanciare contro di lui una dolorosa sentenza. Ne “Il fuochista” il giovane emigrante Karl aiuta il fuochista della sua nave a chiedere davanti al capitano giustizia per le angherie subite dal suo aguzzino, il capo macchine Schubal. La situazione sembra favorevole, ma il fuochista si lascia prendere troppo la mano, si esalta, si confonde, fino a capovolgerla a suo sfavore. In “La colonia penale” un esploratore viene invitato ad assistere ad un’esecuzione capitale tramite un meccanismo a dir poco sadico e truculento, col fine di giudicare il livello di civiltà e di giustizia di questo sistema. L’ufficiale addetto all’amministrazione di tale procedimento e grande sostenitore del violento dispositivo cerca invano di portarlo dalla sua parte, ma davanti alla fermezza del suo giudice non può che ammettere la sconfitta ed eseguire con la sua tanto amata macchina un’ultima condanna a morte. Il libro comprende poi tre raccolte di racconti brevi. La migliore è senza dubbio “Un medico condotto”, in cui spiccano in particolare tre novelle: “Un medico condotto”, una storia allucinata che dimostra come spesso chi sacrifica se stesso ed i suoi affetti per occuparsi degli altri riceva in cambio solo derisione e indifferenza; “Davanti alla legge”, una triste metafora dell’impossibilità per l’uomo di raggiungere le mete che persegue; “Sciacalli e arabi”, in cui si percepisce tutta l’assurdità e l’insensatezza delle rivalità e degli odi che troppo spesso ci dividono. Della raccolta dal titolo “Un digiunatore” si distingue soprattutto il racconto omonimo, storia di un singolare artista che dimostra come a volte il fanatismo (nell’arte, ma anche in qualsiasi altro campo) possa portare alla distruzione. Meno bella invece “Contemplazione” che, vuoi per l’estrema brevità dei suoi scritti, vuoi per la loro indecifrabile cripticità, non riesce ad essere coinvolgente né interessante. Poco da segnalare anche nella parte riguardante i racconti pubblicati singolarmente in riviste, dove si distingue soltanto “Il cavaliere col secchio”, in cui egoismo e avarizia fanno da protagonisti. Certamente consigliata per lo stile impeccabile, accompagnato da minuziose descrizioni e da atmosfere trasognate, e per l’importanza dei temi esaminati, quest’opera va però affrontata con la consapevolezza che non si tratta di una lettura agevole e leggera, ma molto impegnativa e ricca di sfumature, particolari e significati nascosti non sempre facilissimi da cogliere e che per questo richiedono grande concentrazione.
Georg Samsa, il protagonista del famoso romanzo di Kafka, si sveglia un giorno trasformato in un "orribile" scarafaggio. Si ritroverà a dover gestire quel corpo ingombrante e inadatto ai suoi modi da umano. Nonostante ciò non vive la sua metamorfosi come una disgrazia o una punizione, ma cerca comunque di fronteggiare le sue solite abitudini quotidiane. Verrà emarginato dalla famiglia e vivrà il resto dei suoi giorni in solitudine.
Da oggi guarderò gli scarafaggi con occhi diversi. Dopo anni che volevo farlo, ho letto La metamorfosi di Kafka. Che dire… È un libro che ho preso la settimana scorsa in occasione della fiera dell’editoria, Più Libri Più Liberi, e avevo accantonato per dedicarmi allo studio. Stasera m’è tornata in mente un’immagine ispirata a questo racconto, apparsa su non ricordo più che numero di Dylan Dog, così ho colto l’occasione per togliere una voce del mio elenco Must Read. Impressioni a caldo? La fine me l’aspettavo diversa e ci sono rimasta male, ma già da qualche pagina era possibile subodorare l’epilogo non felicissimo. D’altronde, chi di noi si sarebbe tenuta una blatta gigante in casa? Non sarebbe un bell’elemento di arredo e men che meno un simpatico animaletto da compagnia, suvvia. Anzi, è da ammirare in un certo senso lo spirito di Grete, seppure all’inizio sia alimentato non quanto dall’effettivo attaccamento al fratello, quanto dal suo atteggiamento romantico e dalla predisposizione alla tragedia che l’autore richiama più volte esplicitamente all’attenzione del lettore. E la tragedia arriva, e si trasforma in farsa.
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