Da leggere in viaggio. Su un autobus o in treno, guardandosi ogni tanto intorno per constatare l’autenticità del divertente ritratto che Magrelli dà del popolo che si sposta. Di come le vicende di un passeggero diventino comuni a tutto lo scompartimento grazie ad una telefonata un po’ troppo ad alta voce, di come i martelletti rossi per rompere il finestrino e la loro costante mancanza inducano ad immaginare stravaganti collezionisti di questi altrettanto stravaganti oggetti, di come certi viaggi e certe condizioni di “convivenza” riescano a stabilire delle piccole comunità simil-condominiali, con tutti i pro e i contro del caso. Accanto ai momenti divertenti troviamo però anche quelli più “poetici”, ispirati da un continuo scorrere del paesaggio (o della vita?) fuori da un finestrino perennemente in corsa…
Quanto tempo ho trascorso sui treni! E a fare cosa, poi? A spostarmi. Ma per spostarsi non serve la vita: basta la vicevita. Questa, perciò, è una vice-autobiografìa, dove il passato appare sub specie ferroviaria.
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Anno edizione:2009
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ALESSANDRA BUCCI 13 settembre 2010
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